domenica 27 aprile 2014

Ávila, la Holga e le foto di viaggio.

Aspetto che si faccia l'ora di pranzo, che in Spagna non è prima delle 14:00. Mi hanno detto che si mangerà "paella casera", allora provo a smaltire quanche etto dei tanti che mi sovrabbondano. Giro intorno alla "Muralla" di Ávila, perdo tempo, mi godo l'unica giornata di sole (che voi non vedrete) dell'intero soggiorno. Ci sono cani che mi corrono incontro, cicogne che mi volteggiano sulla testa; tanti turisti dalle mille lingue che arrivano in città per passare la domenica. Addette agli ingressi che vogliono rifilarmi a tutti costi "audioguias", le audioguide per seguire il percorso lungo la Muralla step by step. Rifiuto, gentilmente: già mi figuro con quelle cuffione in testa come una creatura robotica di un romanzo di Asimov.
Per tutto il tempo che sono rimasta in Galizia (vedi anche I posti dell'anima..., All'approdo del cammino...  e Fotografo gli sconosciuti...) ho utilizzato soltanto una reflex digitale (o il telefono) perchè il clima è stato orribile ed ho sentito il bisogno di immediatezza, ma ad Ávila, complice la batteria scarica della Nikon ed il sole, posso approfittare per tirare fuori Holga, l'unica macchina analogica che ho portato con me. Devo ammettere che è complesso trovare la naturalezza per fotografare: i luoghi turistici ti impongono di portarti a casa la fotografia del monumento, lo scorcio di Muralla ed a me, inconsciamente, questa cosa mette a disagio. Posso trovare ovunque splendide foto dei punti più caratteristici, ma non posso trovare con altrettanta facilità un piccolo contesto umano che leghi la fotografia al luogo in cui l'ho scattata. Quello che mi importa è guardarmi intorno e cercare i miei soliti vecchi ed i miei soliti rami; le mie solitarie panchine ed i miei noiosissimi svolazzi pindarici. Le foto scattate, al momento di scansionarle, mi sono sembrate il trionfo della banalità, l'agghiacciante riproporsi di uno spettro che mi insegue oramai da sempre: le mie foto di viaggio sono irrimediabilmente ed invariabilmente brutte. Queste, di Holga (delle altre, quelle digitali, forse, ne parlerò altrove), sono quelle venute meglio.



Holga 120 GN + Lomography Lady Grey 400


Holga 120 GN + Lomography Lady Grey 400


Holga 120 GN + Ilford HP5 Plus


Holga 120 GN + Ilford HP5 Plus

mercoledì 9 aprile 2014

Fotografo gli sconosciuti. Viaggio al centro dei microcosmi.

All'inizio è successo per caso. Una posa, una luce particolare, una situazione interessante e la cosa più sbrigativa: scattare col telefonino, discreto e silenzioso. Con la scusa di mescolarmi ai tanti phone addicted tutti testa e display, posso scattare senza urtare nessuna suscettibilità. Andando in giro, quello che è iniziato come un interesse superficiale si è trasformato in ricerca. Una ricerca umanamente inclusiva, spinta dalla curiosità dell'osservazione, un'indagine lieve e del tutto personale alla scoperta del meraviglioso microcosmo individuale. Sono attratta dagli sconosciuti che incrocio lungo il mio andare, mi piace osservarli nella loro affollata solitudine immersa nei metrò, confusa tra la folla, aggrappata al bancone di un bar.

Miseria in Ferrol

Churreria Alameda, Ávila

Il mio ultimo viaggio in Spagna ha amplificato questa esigenza, acuito la mia osservazione. E' stato come se mi trovassi dentro una torre con le ruote dalla quale potessi vedere, non vista, le piccole esistenze che mi scivolavano accanto. Mi sono ritrovata spesso dentro i bar ed in ciascuno ho incontrato una umanità che mi ha rapita e affascinata, che mi ha trascinata con sé dentro ipotetiche architetture narrative, dentro storie inesplose. E così uno sguardo o l'indifferenza stessa, assorta nel fondo delle tazze o immerse in fogli sparigliati sopra un tavolo mi hanno restituito tante domande, tanti frammenti sconosciuti di vita che puzzano di tabacco scadente o hanno la stessa consistenza di una sciarpa lavorata a mano.

Il ragazzo con la sciarpa, A Coruña

Tra tutti i fotogrammi di esistenze che posso incontrare, l'universo degli anziani mi affascina più degli altri per quella decadenza composta e romantica che emanano i gesti, per quello stare al mondo lieve e discreto, raccolto come se non volessero occupare troppo spazio. Il culto sereno dell'essenzialità. Spesso mi perdo ad osservare il languore liquido dei loro occhi che scrutano intorno, la concentrazione febbrile nel decidere quale carta giocare, l'attenzione compunta con cui leggono i giornali,

Nonni a colazione, Ferrol

Giocatori, bar na praia San Xuxo, Ferrol

L'intellettuale a colazione, Ferrol

la leggerezza innocente con cui sorseggiano il loro café con leche come se di tempo, per perdere tempo, ce ne fosse ad oltranza.

Shel Shapiro, Ferrol

Bar na Praia San Xuxo, Ferrol

Fotografare di corsa, di nascosto e col telefono mi da l'impressione che quegli attimi rubati siano "più rubati" di altri e per questo più preziosi, gli scatti con i quali instauro un rapporto più intimo ed intenso. Forse perchè queste le leggo come le fotografie "più vere" che scatto, quelle che mi emozionano di più, che mi mettono davanti agli interrogativi più profondi e che mi permettono di sperimentare il mio amato "realismo magico" nella fotografia. La loro muta velocità, la loro spesso scarsa nitidezza  mi portano a creare storie piccole, essenziali e sparse, come briciole di pane per i piccioni.
Direi che di questo viaggio la più bella tra le foto, quella che mi ha messo davanti una storia senza che io la cercassi l'ho scattata A Coruña, ad un anziano signore con una benda sull'occhio, un pò ingobbito e stanco, seduto in disparte contro un vetro a ragionare intensamente sui suoi fogli sparsi disordinatamente sul tavolo, con una bottigla di vino mezza vuota, tappata appena con un tappo di sughero. Mi ha rapita la sua sciatta compostezza, il suo stare chino, con sforzo ed un vago senso di rassegnazione a passare e ripassare i fogli ingialliti con l'occhio buono.

Il pirata poeta, A Coruña

A me è parso che scrivesse poesie, perchè l'ho visto, nella sua postura stazzonata, lo stampo del poeta che cerca l'ispirazione nel vetro che da sulal strada, nel mozzicone di sigaretta tirato fuori sbadatamente dalla tasca di calzoni neri, lisi ed eccessivamente larghi per la sua magrezza dura e spigolosa, nei suoi movimenti meccanici e incerti da uomo macinado dalla vita che sul suo occhio guercio deve avervi ballato un tango goffo e per nulla sensuale. 
La misura del mio breve viaggio, forse, sta dentro quegli sconosciuti guizzati per un attimo fuori dall'anonimato e poi rientrativi come le gocce che assaggiano l'aria e poi tornano a tuffarsi nell'acqua indistinta. Si potrebbe arrivare a conoscere tutto il mondo così, per quelle sensazioni fugaci e le impressioni improvvise che restano incise tra i nostri pensieri, che si fanno esse stesse ricordo senza orizzonte in volti senza nome.