giovedì 8 novembre 2012

Io sono il mare


Giannina se ne sta con le mani sul grembo; la sedia davanti alla finestra. Aspetta.Assorta nel silenzio notturno della costa rotto soltanto da qualche debole onda sulle rocce, sembra rapita da un punto lontano. È l’attesa, compagna corpulenta che stanotte le sta distesa ai piedi e lentamente le abbraccia le caviglie in una stretta materna.Le sussura che Mauras torna da dietro l’insenatura alla fine del litorale. Sono tre mesi che manca; tre mesi di mare negli occhi e di sale; tre mesi di soli e di lune; tre mesi di burrasca.Tre mesi che Giannina ha riempito col dono più alto. Ramón Libre è il nome che hanno scelto insieme, perché il loro piccolo fosse da subito come quei gabbiani che battono la costa e nelle giornate di vento si fanno trascinare dalla corrente come se fossero appesi ad un filo invisibile. Ramón Libre Del Mar, come del mare è suo padre, senza discussione.
Sicuro che torna, e sarà come vederlo per la prima volta con quel suo corpo asciutto e i baffi; il gilet avvitato sopra i fianchi e aperto sul petto. Le braccia brune fatte di sirene e pirati guerci; forzieri e timoni; bello sull’albero maestro mentre la saluta agitando un cappello che lo fa simile a Napoleone. E per la verità un pò di lui le resta negli occhi attenti e scuri di Ramón, così aperti da sembrare adulti; nei suoi pochi capelli neri e spessi che non vogliono saperne di stare pettinati; nelle sue manine sempre protese ad indicare fuori dalla finestra, verso il mare, con le dita che sembrano istruite da una consapevolezza innata ed indicano là, verso il fondo, dove il litorale si ferma bruscamente in una curva che lo sottrae alla vista.
Non sa se vorrebbe vederlo tornare di giorno, sotto il sole, col viso pieno di una barba non fatta o di notte quando il buio cela fino all’ultimo metro di acqua la sorpresa che ancora lontana non è più che un debole dubbio.
Intanto è notte e della costa non si distingue niente. Nessuna luce complice che illumini la sagoma panciuta della barca; nessun grido liberatorio che porta il suo nome. Solo questa attesa amica e serena che si poggia come uno scialle sulle sue spalle strette, che le accarezza i capelli morbidi sempre in ordine per lui e dice: Pazienta figlia mia, Mauras torna. Torna”.

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